Quanti scioperi saranno ancora necessari per ottenere un contratto equo per i giornalisti italiani? E perché questo ha a che fare con il piano sociale di Euronews a Lione del 2023 ?
Venerdì 28 novembre la FNSI – Federazione Nazionale della Stampa Italiana – ha proclamato una giornata di sciopero per sollecitare la riapertura delle trattative per il rinnovo del contratto di categoria. Negoziati che non sono mai stati formalmente avviati e che da anni sono in fase di stallo. Il contratto attualmente in vigore, infatti, è scaduto dieci anni fa e gli editori non sembrano avere alcuna intenzione seria di rinnovarlo.
Al contrario, i segnali inviati dalle reazioni degli editori italiani il giorno stesso dello sciopero indicano esattamente il contrario. «Il Giornale», uno dei quotidiani tradizionali della destra, un tempo di proprietà della famiglia Berlusconi e ora finito nelle mani di un parlamentare della Lega e proprietario di diversi giornali e ospedali privati, Angelucci, ha deciso di pubblicare l’edizione del giornale nonostante lo sciopero, ricorrendo a freelance e ai redattori non scioperanti.
A «Il Tirreno», altro quotidiano locale, l’editore – tramite il direttore – ha rifiutato di pubblicare un comunicato sindacale sui motivi dello sciopero, in flagrante violazione del contratto ancora in vigore che obbliga i giornali a pubblicare un comunicato sindacale che spieghi ai lettori i motivi dello sciopero.
Anche nel più grande gruppo editoriale italiano (RCS – Rizzoli Corriere della Sera), che controlla la Gazzetta dello Sport (famoso quotidiano di cronaca sportiva, stampato su carta rosa), la direzione di quest’ultimo ha deciso – in violazione dello sciopero – di continuare ad aggiornare l’edizione online, ricorrendo, ancora una volta, a freelance e chat GPT .
La tecnica è quella del “muro contro muro”, per dimostrare al sindacato dei giornalisti che non c’è margine di manovra. Ciò contando anche sul fatto che il possibile arbitro (il governo) non è affatto neutrale in questa battaglia, ma al contrario totalmente allineato con gli editori della stampa, la maggior parte dei quali è fortemente vicina alla destra. Dopo aver fatto balenare ai giornalisti la possibilità di avviare una mediazione almeno per rivedere le tariffe dei freelance (che non vengono riviste da quasi 15 anni), il primo ministro Meloni – che non ha ottenuto nulla nemmeno su questo minimo dossier – preferisce tenersi lontana dalla mischia. Tanto quello che pensa dei giornalisti e della stampa è ben noto.
Anche la Confindustria è pienamente in linea con questa posizione dura e in prima linea nel dare l’esempio. Appena dieci giorni prima dello sciopero nazionale, il suo giornale (Il Sole 24 Ore) è uscito in un giorno di sciopero proclamato dalla redazione per una questione di rispetto dei diritti contrattuali. Nonostante avessero aderito quasi tutti i redattori, a riempire le pagine sono stati articoli congelati , scritti da collaboratori esterni ed altri realizzati dall’intelligenza artificiale.
È vero che agli editori non mancherebbero buoni argomenti per lamentarsi. Secondo i dati forniti dall’Osservatorio sulla stampa gestito dall’AGCOM (l’autorità di regolamentazione dei media in Italia), il numero di copie stampate e vendute in Italia di tutti i quotidiani è diminuito del 90% negli ultimi dieci anni. Il Corriere della Sera è passato da un milione di copie al giorno a poco più di centomila. Un calo vertiginoso che non è stato affatto compensato dalle copie elettroniche.
Ma invece di cercare di rilanciare l’informazione e di attaccare le piattaforme digitali che in Italia assorbono già il 60% del mercato pubblicitario, gli editori preferiscono cercare la manna pubblica (piani di prepensionamento che hanno laminato le redazioni, aiuti a fondo perduto per l’acquisto di carta, ecc.) e tagliare i costi con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, invece di cercare nuove fonti di reddito nel mercato digitale.
Il campanello d’allarme lanciato da CMI tre anni fa, al momento del lancio del piano sociale di Euronews – quando 350 posti di giornalisti sono stati soppressi da un editore senza scrupoli per sostituirli con l’uso intensivo dell’intelligenza artificiale – ha fatto scuola. Avevamo avvertito la FEJ, la FNSI e la SNJ che era necessario obbligare gli editori a negoziare l’uso di questo nuovo strumento PRIMA della sua introduzione. Ma nulla di tutto ciò è stato fatto negli ultimi tre anni, e ora stiamo raccogliendo i frutti avvelenati di questa pianta nociva che è stata seminata sotto i nostri occhi a Lione.