Il regista e attivista palestinese, Oscar per il film “No other land”, è stato in Italia. Un’occasione per richiamare l’attenzione anche su ciò che sta intorno al presunto “accordo di pace” : dal 7 ottobre 2023 in Cisgiordania ci sono stati mille morti, dall’inizio dell’anno 13 persone sono state uccise dai coloni, tutti ancora liberi. “Quando vogliono possono prendere un aereo, venire a Roma in vacanza e poi tornare e uccidere ancora. Non si sta facendo niente contro questi criminali. I vostri governi sono complici”
( Questo articolo è una riproduzione dell’articolo originale pubblicato su AltrEconomia. )
“Non può esserci pace con l’occupazione, l’apartheid, le colonie in Cisgiordania. Questo cessate il fuoco non risolve i nostri problemi. Sono contento che Israele abbia interrotto il genocidio a Gaza, ma non possiamo chiamarlo un accordo di pace”.
È il 14 ottobre, il giorno dopo la firma del cessate il fuoco in Egitto. Basel Adra, palestinese, vincitore del premio Oscar 2025 con il film “No other land”, è a Roma per commemorare il suo amico Awdah Hathaleen, attivista nonviolento come lui, con un ruolo rilevante nel film, ucciso da un colono il 28 luglio di quest’anno a Umm al-Khair. Lo hanno invitato il Centro sociale “la Strada” , dove è stato ospite nel pomeriggio, e il Cinema Troisi, dove arriva la sera, visibilmente stanco. Ma l’importante per lui è testimoniare, chiedere che la mobilitazione continui.
“Ci sono tanti video che documentano l’assassinio di Awdah in diretta, compreso quello girato dallo stesso attivista. Aveva il telefonino in mano e si è ritrovato a filmare la sua morte. Eppure, nel giro di poche ore il colono è stato rimesso in libertà. L’assassino è ben conosciuto. L’ex presidente degli Stati Uniti Joe Biden lo aveva inserito nell’elenco dei coloni violenti sanzionati, ma Trump lo ha rimosso. E adesso lui continua a fare incursioni nel villaggio terrorizzando gli abitanti”.
Basel ha 29 anni e una bambina di pochi mesi. Ma le privazioni, la rabbia, il dolore che giorno dopo giorno si trova ad affrontare lo hanno reso all’apparenza minuto e fragile. Il suo viso non riesce a sorridere, neanche quando viene investito da ripetuti e prolungati appalusi del pubblico, neanche quando la street artist senza volto Laika si alza tra il pubblico della Strada e gli regala una tela dipinta apposta per lui che ritrae il suo amico Awdah. Gli occhi scuri come i riccioli giganteggiano nel suo viso, pronti a registrare e ad assorbire ogni cosa. La mestizia che lo avvolge come un abito perenne va di pari passo con una resistenza d’acciaio.
“Mi illudevo che la comunità internazionale avrebbe fatto qualcosa vedendo documentate le violenze dei coloni e dei soldati nei nostri villaggi, le sopraffazioni a cui ogni giorno siamo sottoposti. Invece dopo l’Oscar non è cambiato niente -racconta-. Non avrei mai immaginato che il mondo avrebbe consentito che il genocidio andasse avanti per due anni. Il massacro era sotto gli occhi di tutti, le persone guardavano le immagini dal telefonino nella comodità delle loro vite. La comunità internazionale ha fallito. I diritti umani appartengono solo all’Occidente. Noi siamo numeri: 20mila bambini assassinati, 11mila donne, più di 200 giornalisti. Invece noi non siamo numeri, siamo vite. Ognuno è una storia”.
Per cinque anni, dal 2019 al 2023, Basel ha documentato con la telecamera quello che succedeva nel suo villaggio, Masafer Yatta, a Sud di Hebron, dichiarato da Israele “Firing Zone 918”, cioè zona di addestramento militare. “Un chiaro espediente -spiega Mohammed Huraini, attivista nonviolento e co-fondatore del collettivo palestinese Youth Of Sumud, che ha accompagnato Basel nel suo viaggio in Italia- per cacciare i palestinesi e continuare la colonizzazione delle nostre terre. Esercito e coloni distruggono le nostre case, le nostre scuole, la nostra rete idrica. Il governo ci nega le autorizzazioni per erigere nuove costruzioni, invece le colonie proliferano. I coloni agiscono nella totale impunità perché sono uno strumento del governo per la pulizia etnica”.
Adra sa che una volta tornato a Masafer Yatta troverà la stessa situazione che ha lasciato. “Il mio film -spiega- documenta le aggressioni e le sopraffazioni prima del 7 ottobre 2023. Ma dopo quella data le cose sono drammaticamente peggiorate. Tornerò e troverò ancora attacchi di coloni e soldati, uccisioni, check point, furti di terra, demolizioni. Realtà di cui il mondo non parla. Dal 7 ottobre in Cisgiordania ci sono stati mille morti. Dall’inizio dell’anno 13 persone sono state uccise dai coloni, che sono tutti liberi. Queste persone quando vogliono possono prendere un aereo, venire qui in vacanza e poi tornare in Cisgiordania e uccidere ancora. Non si sta facendo niente contro questi criminali. Nessun boicottaggio, nessuna condanna”. Lo dice chiaramente: “I vostri governi sono complici”.
E spera solo nel proseguimento della mobilitazione che nelle ultime settimane ha riempito le piazze. Il suo è un vero e proprio appello: “Abbiamo bisogno di voi più che mai. Non si parla di Cisgiordania nell’accordo di Trump, non si parla della fine dell’apartheid, dell’occupazione, delle colonie. Il popolo palestinese, invece, vuole la sua liberazione, la sua libertà, vuole vivere con dignità nel pieno rispetto dei diritti umani”.
Dopo l’incontro con Basel, sia alla Strada e sia al cinema Troisi è stato proiettato il suo documentario. “Dopo aver visto il film -avverte il regista- non è sufficiente sentirsi male. Bisogna andare nelle scuole, nelle strade, al di fuori della propria cerchia sicura. Il mio amico Awdah diceva che con una mano non si può applaudire. Ecco, noi abbiamo bisogno di ognuno di voi per continuare a batterci in modo nonviolento contro l’occupazione e l’apartheid”.
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